Il Centro cefalea - un mito da sfatare
14 04 19

Che cosa è un Centro cefalea? Che cosa si fa nel Centro cefalea? Forse un mito da sfatare?
a cura del Dr. Reinhard Prior - Specialista e Docente di Neurologia
Studio di Neurologia Roma
Studio di Neurologia Bari
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Che succede nel Centro cefalea? Si parla con un neurologo o specializzando che chiede i sintomi del paziente, si fa un’anamnesi, eventualmente con l’aiuto di un questionario da compilare prima. Un breve colloquio, e dai sintomi si fa una diagnosi. Le cefalee sono nel 85% dei casi emicranie, acute o trasformate e diventate croniche. In genere i sintomi sono così tipici che la diagnosi non richiede alcun esame.
Eventualmente si trova sovrapposta una cefalea di rimbalzo da uso troppo frequente di triptani, antinfiammatori o analgesici. Nella mia esperienza troppo spesso avviene la diagnosi di una “cefalea muscolo-tensiva”, che in verità è piuttosto un’emicrania cronica o nel tempo trasformata.
E poi, se la cefalea si manifesta meno di un certo numero di volte al mese, si dà una terapia solo dei sintomi tra triptani o analgesici. Se è molto frequente, si inizia una terapia continuata di profilassi, ci sono pochi e sempre gli stessi farmaci di prima scelta tra amitriptilina (Laroxyl), flunarizina (Gradient, Flunagen), beta-bloccanti (Inderal, Seloken), topiramato (Topamax) ed eventualmente acido valproico (Depakin). Se è il caso, si aggiunge un integratore di magnesio e qualcos’altro che sia efficace nella prevenzione (riboflavina, coenzima Q10, estratti vegetali, ad es. dal Partenio). Quando poi c’è un uso troppo frequente di analgesici, va preparato uno schema di come sospenderli (la famosa ‘disintossicazione’ - anche se è sempre il fegato a disintossicarci, non la terapia). Finito. Prescrizione e ritorno dopo tre mesi con il diario delle cefalee.
Non troppo complicato, insomma. E non si vede perché ci sia necessità di un ‘centro’. La qualità e il successo della terapia dipendono sempre dall’esperienza del singolo neurologo che ascolta e prescrive. E dalla sua esperienza e dal suo intuito nell’individuare correttamente anche le forme più rare di cefalea e nel prescrivere la terapia adatta in base alla diagnosi. Esame strumentali come una risonanza magnetica o una TAC servono in una piccola minoranza di casi, altrimenti sono inutili (spesso i pazienti arrivano già con la risonanza fatta in passato dopo un episodio di cefalea acuta). Oppure arrivano con risonanze della colonna cervicale completamente inutili (nel 95% dei casi i dolori cervicali episodici in persone di giovane o media età sono dovuti ad emicrania a manifestazione cervicale e non a ernie del disco o altro).
Nella mia personale esperienza succede frequentemente di veder prescrivere, anche nei Centri cefalea, antidepressivi SSRI (come sertralina, citalopram o paroxetina) nella prevenzione dell’emicrania. Sono efficaci nelle depressioni, ma non nell’emicrania. Vengono usati soprattutto quando c’è sintomatologia ansiosa. Ma l’ultima dipende spesso semplicemente dall’emicrania stessa e dai suoi sintomi associati (ad es. senso di svenimento, vertigine, spossatezza, disturbi visivi). Curando l’emicrania con un farmaco adatto si cura il sintomo e non la sua conseguenza.
Infine un aspetto, a mio parere, è particolarmente importante: spesso i Centri cefalea lavorano con un ritmo di controllo a tre mesi. Nel frattempo, però, il paziente è costretto ad assumere la stessa terapia, anche se non efficace o con effetti collaterali. L’effetto di una terapia si nota invece, spesso, già dopo pochi giorni o almeno nelle prime 2-3 settimane. E poi si può cambiarla o adattarla, perché non sempre la terapia funziona al primo colpo e va invece aggiustata anche in base al riscontro ricevuto dal paziente nei primi giorni di trattamento. A mio parere la cura dell’emicrania necessita di un monitoraggio a breve termine, che in genere il servizio pubblico putroppo non offre e che oggi comunque è piuttosto facile da realizzare con il proprio neurologo di fiducia, usando ad es. email o WhatsApp, ormai presenti e di facile uso su tutti i cellulari.
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Che succede nel Centro cefalea? Si parla con un neurologo o specializzando che chiede i sintomi del paziente, si fa un’anamnesi, eventualmente con l’aiuto di un questionario da compilare prima. Un breve colloquio, e dai sintomi si fa una diagnosi. Le cefalee sono nel 85% dei casi emicranie, acute o trasformate e diventate croniche. In genere i sintomi sono così tipici che la diagnosi non richiede alcun esame.
Eventualmente si trova sovrapposta una cefalea di rimbalzo da uso troppo frequente di triptani, antinfiammatori o analgesici. Nella mia esperienza troppo spesso avviene la diagnosi di una “cefalea muscolo-tensiva”, che in verità è piuttosto un’emicrania cronica o nel tempo trasformata.
E poi, se la cefalea si manifesta meno di un certo numero di volte al mese, si dà una terapia solo dei sintomi tra triptani o analgesici. Se è molto frequente, si inizia una terapia continuata di profilassi, ci sono pochi e sempre gli stessi farmaci di prima scelta tra amitriptilina (Laroxyl), flunarizina (Gradient, Flunagen), beta-bloccanti (Inderal, Seloken), topiramato (Topamax) ed eventualmente acido valproico (Depakin). Se è il caso, si aggiunge un integratore di magnesio e qualcos’altro che sia efficace nella prevenzione (riboflavina, coenzima Q10, estratti vegetali, ad es. dal Partenio). Quando poi c’è un uso troppo frequente di analgesici, va preparato uno schema di come sospenderli (la famosa ‘disintossicazione’ - anche se è sempre il fegato a disintossicarci, non la terapia). Finito. Prescrizione e ritorno dopo tre mesi con il diario delle cefalee.
Non troppo complicato, insomma. E non si vede perché ci sia necessità di un ‘centro’. La qualità e il successo della terapia dipendono sempre dall’esperienza del singolo neurologo che ascolta e prescrive. E dalla sua esperienza e dal suo intuito nell’individuare correttamente anche le forme più rare di cefalea e nel prescrivere la terapia adatta in base alla diagnosi. Esame strumentali come una risonanza magnetica o una TAC servono in una piccola minoranza di casi, altrimenti sono inutili (spesso i pazienti arrivano già con la risonanza fatta in passato dopo un episodio di cefalea acuta). Oppure arrivano con risonanze della colonna cervicale completamente inutili (nel 95% dei casi i dolori cervicali episodici in persone di giovane o media età sono dovuti ad emicrania a manifestazione cervicale e non a ernie del disco o altro).
Nella mia personale esperienza succede frequentemente di veder prescrivere, anche nei Centri cefalea, antidepressivi SSRI (come sertralina, citalopram o paroxetina) nella prevenzione dell’emicrania. Sono efficaci nelle depressioni, ma non nell’emicrania. Vengono usati soprattutto quando c’è sintomatologia ansiosa. Ma l’ultima dipende spesso semplicemente dall’emicrania stessa e dai suoi sintomi associati (ad es. senso di svenimento, vertigine, spossatezza, disturbi visivi). Curando l’emicrania con un farmaco adatto si cura il sintomo e non la sua conseguenza.
Infine un aspetto, a mio parere, è particolarmente importante: spesso i Centri cefalea lavorano con un ritmo di controllo a tre mesi. Nel frattempo, però, il paziente è costretto ad assumere la stessa terapia, anche se non efficace o con effetti collaterali. L’effetto di una terapia si nota invece, spesso, già dopo pochi giorni o almeno nelle prime 2-3 settimane. E poi si può cambiarla o adattarla, perché non sempre la terapia funziona al primo colpo e va invece aggiustata anche in base al riscontro ricevuto dal paziente nei primi giorni di trattamento. A mio parere la cura dell’emicrania necessita di un monitoraggio a breve termine, che in genere il servizio pubblico putroppo non offre e che oggi comunque è piuttosto facile da realizzare con il proprio neurologo di fiducia, usando ad es. email o WhatsApp, ormai presenti e di facile uso su tutti i cellulari.
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